Negli antichi testi hindù vengono chiamati Vimana le navi volanti che gli dei usavano per i loro spostamenti. In alcuni di questi, come nel “Samarangana Sutradhara”, sono spiegati moltissimi dettagli tecnici, come la loro manovrabilità, velocità e i differenti materiali necessari per la loro costruzione. Decollavano verticalmente, raggiungevano velocità incredibili e il loro potere distruttivo era enorme.
Il “vimana” del Dio Siva è descritto nel capitolo 15 del libro di Krisna così: “Era capace di muoversi sopra e sotto l’acqua... il pilota lo poteva guidare anche nel buio”.
Nel libro sacro hindù “Bhagavad Gita” è scritto che “esistono un infinità di universi e pianeti, ed ogni pianeta è abitato da diverse varietà di popoli”.
I loro piloti erano sottoposti ad un duro addestramento, secondo l’antico testo “Vimaanica-Shaastra”, ed il combustibile dei “vimana” era del tutto naturale. Si basava sull’uso di determinati suoni capaci di attivare i punti di energia della terra (i “chakra”), che si trovano ad esempio sulle montagne. Nel libro “Ramayana” (storia del Dio Rama) si parla anche di quattro depositi di mercurio che, opportunamente riscaldati, grazie ad un motore costruito in ferro ed opportunamente saldato, sviluppano nel “vimana” una potenza di tuono capace di farlo divenire “perla nel cielo”.
I libri sacri tibetani, il “Tantyur” ed il “Kantyur”, parlano di meravigliose “perle volanti”, capaci di trasportare centinaia di persona da un lato all’altro del mondo, o su lontanissime stelle.
Anche nella tradizione cinese si parla di “carri volanti” e dei loro equipaggi, chiamati “Chi-Kung”.
martedì 20 luglio 2010
mercoledì 8 luglio 2009
TECNOLOGIE DELL'ANTICHITA' CHE RISCRIVONO LA STORIA
ANCIENT TECHNOLOGIES THAT WROTE A NEW HUMAN HISTORY-An electric battery discovered in Baghdad created during the early century AD. An human sandal print, discovered in Utah, with a trilobites “printed”, an organis lived around 250 millions years ago. The Antikythera mechanism, an ancient mechanical calculator, built about 150–100 BC. The skeleton of Midi, that looks like modern men but datable around 25 millions yeard ago, discovered in France. The “Fuente Magna”, a Bolivian artefact that it bears signs of cuneiform writing. And more, the Ika’s stones, from Perù, with figures of dinosaurs, impossible to made without modern technologies. These are the most importants OOPArt (Out-Of-Place Artifact), objects of historical, archaeological or paleontological interest found in a very unusual or seemingly impossible context.
Una batteria elettrica di 2000 anni fa scoperta nei pressi di Baghdad nel 1936. Impronte di calzature che schiacciarono un trilobite (organismo vissuto 250 milioni di anni fa) ritrovate nello Utah, USA, da William Meister. Il meccanismo di Antichitera, il più antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 100 a.C. E ancora: lo scheletro umano di Midi, anatomicamente moderno ma datato 25 milioni di anni fa, ritrovato in Francia dall'antropologo francese Gabriel de Mortillet. Oppure come il Fuente Magna, un vaso ritrovato in Bolivia nel 1950, con presunte incisioni in cuneiforme Sumero. E poi ci sono le Pietre di Ica, Perù, raffiguranti dinosauri, impossibili da incidere se non con la tecnologia moderna, datate 65 milioni di anni.
Questi sono solo alcuni casi di OOPArt, acronimo inglese di “manufatti fuori posto”, coniato dal naturalista americano Ivan Sanderson (1911–1973) per dare un nome ad una categoria di oggetti che difficilmente trovano una collocazione storica. Anacronismi. La chiamano pseudoarchaeology, questa scienza, proprio perché non riescono a dare una spiegazione che rientri nella storia ufficiale. In altri casi, invece, si ritiene che siano semplicemente non tanto fuori dal tempo quanto impossibili da realizzare con la tecnologia dell’epoca. Da qui allora ci si immerge in altre teorie, spiegazioni più o meno verosimili o azzardate. Civiltà tecnologicamente superiori di cui non conserviamo memoria (se non la “leggenda” o la “mitologia”), o interventi extra terrestri nell’antichità. Nei prossimi interventi si prenderanno in esame alcuni di questi OOPArt e… ai posteri, o agli “antichi”, l’ardua sentenza.
lunedì 29 giugno 2009
L'AMMIRAGLIO RICHARD BYRD, L'ESPLORATORE CHE VIDE AGARTHA
THE ADMIRAL BYRD, THE EXPLORER THAT SAW AGARTHA-The Admiral Richard E. Byrd of the United States Navy flew, in the 1947, to the North Pole and instead of going over the pole he actually entered the inner Earth. In his diary, he tells of entering the hollow interior of the Earth, along with others, and traveling seventeen hundred miles over mountains, lakes, rivers, green vegetation, and animal life. He found cities and a thriving civilization too. His plane was finally greeted by flying machines of a type he had never seen before. In January 1956, Admiral Byrd led an expedition to the South Pole. On that expedition he and his crew penetrated two thousand three hundred miles into the centre of the Earth. Admiral Byrd states that the North and South Poles are only two of the many openings into the center of the Earth. Byrd’s theory is that the poles of the Earth are concave, rather than convex, and ships and planes can actually sail or fly right in.
Richard Evelyn Byrd, fu un popolare ammiraglio ed esploratore della Marina degli Stati Uniti che, nel suo diario annotò, più volte, di aver visto ed avuto diversi contatti con la terra di Agartha.
Nato nel 1888 a Winchester e morto a Boston nel 1957, i suoi scritti, pubblicati dalla rivista del National Geographic, furono ritirati dal governo degli Stati Uniti e poi censurati. Lo stesso accadde quando la rivista Flying Saucer, diretta da Ray Palmer, pubblicà per intero le sue scoperte.
Nei suoi diari, l’Ammiraglio Byrd racconta di esser entrato in una cavità gigante del Polo Nord, e di aver volato per circa 17 miglia attraversando montagne, laghi, fiumi e di aver visto una gran varietà di vegetazione. E città abitate. Racconta di aver osservato diversi apparecchi volanti che lui fino ad allora non aveva mai visto. Insieme al suo equipaggio, ebbero un contatto con queste popolazioni, molto avanzate tecnologicamente, che si dicevano preoccupate dalle recenti attività nucleari (erano da poco state sganciate le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki). Era il 1947. Nel gennaio del 1956, l’Ammiraglio Byrd guidò una seconda spedizione, questa volta destinata a sorvolare il Polo Sud. Questa volta entrò nella crosta terrestre per circa 2,300 miglia.
La teoria di Byrd (supportata dalle esperienze vissute da lui e dal suo equipaggio in prima persona) sostiene che la terra ai poli sia concava, e che sia solcata, tutt'oggi, da oggetti volanti e abitata da persone tecnologicamente avanzate.
Verso la fine della sua vita, Byrd scrisse a proposito del Polo Nord: “quella terra oltre il Polo è il centro di un grande mistero sconosciuto”.
Ancora oggi, il governo degli Stati Uniti proibisce di sorvolare l’area polare, con qualsiasi mezzo. Questo, unito ai diversi insabbiamenti degli scritti di Byrd, quantomeno dovrebbero far riflettere.
Richard Evelyn Byrd, fu un popolare ammiraglio ed esploratore della Marina degli Stati Uniti che, nel suo diario annotò, più volte, di aver visto ed avuto diversi contatti con la terra di Agartha.
Nato nel 1888 a Winchester e morto a Boston nel 1957, i suoi scritti, pubblicati dalla rivista del National Geographic, furono ritirati dal governo degli Stati Uniti e poi censurati. Lo stesso accadde quando la rivista Flying Saucer, diretta da Ray Palmer, pubblicà per intero le sue scoperte.
Nei suoi diari, l’Ammiraglio Byrd racconta di esser entrato in una cavità gigante del Polo Nord, e di aver volato per circa 17 miglia attraversando montagne, laghi, fiumi e di aver visto una gran varietà di vegetazione. E città abitate. Racconta di aver osservato diversi apparecchi volanti che lui fino ad allora non aveva mai visto. Insieme al suo equipaggio, ebbero un contatto con queste popolazioni, molto avanzate tecnologicamente, che si dicevano preoccupate dalle recenti attività nucleari (erano da poco state sganciate le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki). Era il 1947. Nel gennaio del 1956, l’Ammiraglio Byrd guidò una seconda spedizione, questa volta destinata a sorvolare il Polo Sud. Questa volta entrò nella crosta terrestre per circa 2,300 miglia.
La teoria di Byrd (supportata dalle esperienze vissute da lui e dal suo equipaggio in prima persona) sostiene che la terra ai poli sia concava, e che sia solcata, tutt'oggi, da oggetti volanti e abitata da persone tecnologicamente avanzate.
Verso la fine della sua vita, Byrd scrisse a proposito del Polo Nord: “quella terra oltre il Polo è il centro di un grande mistero sconosciuto”.
Ancora oggi, il governo degli Stati Uniti proibisce di sorvolare l’area polare, con qualsiasi mezzo. Questo, unito ai diversi insabbiamenti degli scritti di Byrd, quantomeno dovrebbero far riflettere.
giovedì 25 giugno 2009
AGARTHI. IL MITO DEL REGNO NASCOSTO
AGARTHI. THE MITH OF THE HIDDEN REIGN- Agharti is legendary reign that reside in the Earth’s core. A lot of ancient culture wrote about it, Hindus have known it as Aryavartha, the land from which the Vedas come, the Chinese as His Tien, the russian Christian sect “Old Believers” that called it Belovodye, and the Kirghiz as Janaidar. Its capital city is called Shambala, where lives The King of the World. Most important about it, is what happened to the Admiral of the United States Richard E. Byrd, in a travel through the North Pole (coming soon an article about him). Agarthi concept figures in Vajrayana Buddhism and Tibetan Kalachakra.
Secondo le tradizioni orientali, Agarthi (o Agartha) è un regno sotterraneo che si estende dall’Asia a tutto il mondo per mezzo di un sistema antichissimo di gallerie. E nella capitale, Shambhala, risiede il Re del Mondo. Questa tradizione ci riconduce alla religione Brahamànica, descritto anche nei tantra di Kalachakra e dal buddismo tibetano, anche se l’occultista francese René Guénon nel suo libro "Le Roi du Monde" (1927) fa menzione di moltissime altre culture e religioni che contengono il mito di un regno nascosto.
Da ricordare che gli indù parlano di Aryavartha, terra d'origine dei Veda, i Cinesi di Hsi Tien, il Paradiso Occidentale di Hsi Wang Mu, la Madre Regale dell'Ovest, la setta cristiana russa dei Vecchi Credenti la chiamava Belovodye, mentre i Kirghizi la chiamano Janaidar. Tutte regioni poste al di sotto della crosta terrestre.
Di primaria importanza sul tema è la testimonianza dell’ammiraglio della marina degli Stati Uniti Richard E. Byrd, e di ciò che accadde in seguito alle sue dichiarazioni e del suo equipaggio. Ma di questo se ne parlerà successivamente.
Nel 1922, Ferdynand Ossendowsky dichiara, nel suo "Betes, hommes et dieux", di aver appreso dal principe mongolo Choultoun Beyli molte notizie a proposito di Agarthi: “… è un grande regno con milioni di abitanti, sui quali regna il Re del Mondo. Lui conosce tutte le forze della natura, e conosce il grande libro del Destino…”.
Un’altra opera importante su Agarthi, è The Smoky God (1908) di Willis Emerson. Il testo si presenta sotto forma di diario di un marinaio norvegese chiamato Olaf Jansen, concernente un suo viaggio al Polo Nord. Trovata una delle tante entrate al regno sotterraneo, Olaf avrebbe lì vissuto, insieme a suo figlioe, per circa due anni. Descrive gli abitanti come gente dalla pelle molto chiara. Il nome di Agatha non viene mai menzionato in questo libro, anche se Emerson utilizzerà questa storia in opere successive attribuendo il regno a quello di Agarthi.
La società teosofica, fondata dalla medium Helena Blavatsky accetta l’esistenza di Agarthi. Sosteneva di stare in contatto telepatico con questa razza sopravvissuta ad una violenta catastrofe del passato. A questo mito si affiancarono anche altre società segrete, tra le quali quelle che fanno capo al mito di Thule.
Secondo le tradizioni orientali, Agarthi (o Agartha) è un regno sotterraneo che si estende dall’Asia a tutto il mondo per mezzo di un sistema antichissimo di gallerie. E nella capitale, Shambhala, risiede il Re del Mondo. Questa tradizione ci riconduce alla religione Brahamànica, descritto anche nei tantra di Kalachakra e dal buddismo tibetano, anche se l’occultista francese René Guénon nel suo libro "Le Roi du Monde" (1927) fa menzione di moltissime altre culture e religioni che contengono il mito di un regno nascosto.
Da ricordare che gli indù parlano di Aryavartha, terra d'origine dei Veda, i Cinesi di Hsi Tien, il Paradiso Occidentale di Hsi Wang Mu, la Madre Regale dell'Ovest, la setta cristiana russa dei Vecchi Credenti la chiamava Belovodye, mentre i Kirghizi la chiamano Janaidar. Tutte regioni poste al di sotto della crosta terrestre.
Di primaria importanza sul tema è la testimonianza dell’ammiraglio della marina degli Stati Uniti Richard E. Byrd, e di ciò che accadde in seguito alle sue dichiarazioni e del suo equipaggio. Ma di questo se ne parlerà successivamente.
Nel 1922, Ferdynand Ossendowsky dichiara, nel suo "Betes, hommes et dieux", di aver appreso dal principe mongolo Choultoun Beyli molte notizie a proposito di Agarthi: “… è un grande regno con milioni di abitanti, sui quali regna il Re del Mondo. Lui conosce tutte le forze della natura, e conosce il grande libro del Destino…”.
Un’altra opera importante su Agarthi, è The Smoky God (1908) di Willis Emerson. Il testo si presenta sotto forma di diario di un marinaio norvegese chiamato Olaf Jansen, concernente un suo viaggio al Polo Nord. Trovata una delle tante entrate al regno sotterraneo, Olaf avrebbe lì vissuto, insieme a suo figlioe, per circa due anni. Descrive gli abitanti come gente dalla pelle molto chiara. Il nome di Agatha non viene mai menzionato in questo libro, anche se Emerson utilizzerà questa storia in opere successive attribuendo il regno a quello di Agarthi.
La società teosofica, fondata dalla medium Helena Blavatsky accetta l’esistenza di Agarthi. Sosteneva di stare in contatto telepatico con questa razza sopravvissuta ad una violenta catastrofe del passato. A questo mito si affiancarono anche altre società segrete, tra le quali quelle che fanno capo al mito di Thule.
martedì 23 giugno 2009
MITHRA E I SUOI MISTERI
Mithra and his mysteries-He was born on december 25, his mother was a virgin and, before to go to the sky, he calls his apostels for a last supper. Bread and wine. He acsended on his 33 years old. He was Mithra. They called “Savior of the mankind”, because his position is between the Good and Evil. And his religion is more ancient than 5000 years. His esoterism have a bind with the astrological constellations and the precession of the equinoxes.
Nacque durante il solstizio d’inverno (25 dicembre) da una vergine. Prima di lasciare la terra convocò i suoi discepoli per un’ultima cena, dove spezzò il pane e versò il vino. Ascese al cielo all’età di 33 anni. Il suo nome era Mithra.
Si stima che il culto di Mithra risalga a oltre 5000 anni fa, anteriore anche a Zarathustra. Le sue origini si perdono forse dall’India alla Cina, anche se fu nella Persia dove ebbe la sua maggior diffusione. E l’Impero Romano, poi, lo portò in tutta l’Europa.
Questa divinità indo-iranica dovette sicuramente poggiare il suo essere su una base di continua dualità tra bene e male. Ma la dualità è sempre un’apparenza. Fra i due principi di bene e male (Ahùra Mazda e Ahriman) si erge il mondo, da sempre loro terreno di lotta. La filosofia indoariana vide in Mithra quindi “il Salvatore”, forza intermediaria di giustizia. Mithra non è il Sole, ma la sua emanazione, che col sacrificio propizia la pace nel mondo.
Nella sua tauromachia (uccisione del toro), la divinità assume lo status di creatore, che dal sacrificio della morte genera la vita. Negli altari mithraici sono raffigurate sempre molte altre costellazioni, oltre quella del toro, come il Canis Minor, Hidra, Corvus e Scorpio. Al tempo della Roma Imperiale, infatti, tutte queste costellazioni erano allineate sull’orizzonte celeste durante l’equinozio di primavera. Gli eventi precessionali (la terra gira attorno ad un’asse che, a sua volta, come una trottola forma un movimento circolare) cambiano la visione che abbiamo dalla terra delle costellazioni. Mithra uccide il Toro, infatti nell’anno 0 finisce l’era del Toro, iniziata 2000 anni prima, per dare inizio a quella dei Pesci (primo simbolo Cristiano), che ora sta per finire, e dare inizio a quella dell’Acquario. L’iniziato, il teurga, nei suoi doppi rituali di passaggio per l’elevazione spirituale, non finisce per assimilarsi al dio (come nei misteri di Osiris, Attis e Sabai), ma ne invoca la protezione spirituale nel suo cammino. I manthra e le parole di potere che lo accompagnano dallo status di Corax (simboleggiato da Mercurio) al livello di Pater (Saturno), servono a risalire le 7 sfere di consapevolezza iniziatica. Diviene un dvo-ja, un due-volte-nato, consapevole e capace di vedere ciò che inizialmente solo sapeva.
Nacque durante il solstizio d’inverno (25 dicembre) da una vergine. Prima di lasciare la terra convocò i suoi discepoli per un’ultima cena, dove spezzò il pane e versò il vino. Ascese al cielo all’età di 33 anni. Il suo nome era Mithra.
Si stima che il culto di Mithra risalga a oltre 5000 anni fa, anteriore anche a Zarathustra. Le sue origini si perdono forse dall’India alla Cina, anche se fu nella Persia dove ebbe la sua maggior diffusione. E l’Impero Romano, poi, lo portò in tutta l’Europa.
Questa divinità indo-iranica dovette sicuramente poggiare il suo essere su una base di continua dualità tra bene e male. Ma la dualità è sempre un’apparenza. Fra i due principi di bene e male (Ahùra Mazda e Ahriman) si erge il mondo, da sempre loro terreno di lotta. La filosofia indoariana vide in Mithra quindi “il Salvatore”, forza intermediaria di giustizia. Mithra non è il Sole, ma la sua emanazione, che col sacrificio propizia la pace nel mondo.
Nella sua tauromachia (uccisione del toro), la divinità assume lo status di creatore, che dal sacrificio della morte genera la vita. Negli altari mithraici sono raffigurate sempre molte altre costellazioni, oltre quella del toro, come il Canis Minor, Hidra, Corvus e Scorpio. Al tempo della Roma Imperiale, infatti, tutte queste costellazioni erano allineate sull’orizzonte celeste durante l’equinozio di primavera. Gli eventi precessionali (la terra gira attorno ad un’asse che, a sua volta, come una trottola forma un movimento circolare) cambiano la visione che abbiamo dalla terra delle costellazioni. Mithra uccide il Toro, infatti nell’anno 0 finisce l’era del Toro, iniziata 2000 anni prima, per dare inizio a quella dei Pesci (primo simbolo Cristiano), che ora sta per finire, e dare inizio a quella dell’Acquario. L’iniziato, il teurga, nei suoi doppi rituali di passaggio per l’elevazione spirituale, non finisce per assimilarsi al dio (come nei misteri di Osiris, Attis e Sabai), ma ne invoca la protezione spirituale nel suo cammino. I manthra e le parole di potere che lo accompagnano dallo status di Corax (simboleggiato da Mercurio) al livello di Pater (Saturno), servono a risalire le 7 sfere di consapevolezza iniziatica. Diviene un dvo-ja, un due-volte-nato, consapevole e capace di vedere ciò che inizialmente solo sapeva.
domenica 21 giugno 2009
LE FATE - una breve introduzione
THE FAIRIES, a short introduction - The french ermetist Durville, describe the most important characteristics of the Fairies: their position is between Angels and Demons, and the position of their hierarchy based on the distance to the material world. The reverend Kirk, in the 1691 wrote that a fairy had the consistence of frozen cloud, and it is possible to see them in the twilight. A Christian legend of Island tells that Eve had a lot of children, and when God decided to do a visit to the couple, she can’t clean all of them, and shows to the Lord only the clean ones. The others, became elfs, pixies and fairies.
Neppure le persecuzioni scatenatisi nel XIII secolo contro i culti e le credenze antiche, quali Diana, Apollo, Pan e Dioniso, riuscirono a sradicare il culto delle Fate. Ma le persecuzioni fallirono, nell’immaginario popolare era troppo radicata la loro immagine positiva di protettrici. Secondo la scuola di pensiero new-age, la Fata è un essere spirituale che risiede nel mondo astrale. E la sua presenza non è fisica ma eterica. Ma anche loro hanno i loro lati “negativi”, come sostengono Froud e Lee, secondo i quali “…riparano torti, vendicano offese, ma possono anche essere maligne e vendicative”. Ma la questione è delicata, precisa E. Brasey nel suo Fées et Elfes, perché di Fate ne esistono una gran varietà. Una gran varietà, quindi, presenti in quasi tutte le culture mondiali.
Marian McNeill sostiene che le nereidi e le ninfe della mitologia greca e gli elfi della Scandinavia e della Germania presentano molti punti in comune con le Side (Sidhe: popolo delle colline), le Fate delle isole britanniche. Anche se quelle della tradizione celtica non somigliano per niente a quelle dei libri per bambini, hanno statura e stile di vita simile a quella degli umani, ma conservano però conoscenze e poteri “magici”.
Durville, ermetista francese al quale l’esoterismo moderno deve molto, ne descrive la caratteristica principale: esse si posizionano tra l’Angelo e il Demone, e la loro gerarchia riguarda il loro legame con la materia. Più si allontana dal mondo materiale e più è “alta” la sua posizione. Le Fate fluttuano nell’etere, dice, le Silfidi volano nell’aria e gli Gnomi volteggiano nella Terra.
Il reverendo R. Kirk, pastore ad Aberfoyle in Scozia, nel 1691 afferma che le Fate sono di natura intermediaria, come nell’antichità si pensava dei Demoni (intesi ovviamente nell’accezione greca e latina del termine, quindi semi-dei). “Hanno la natura di nuvola condensata, aria congelata, abbastanza visibili al crepuscolo”. Si dice che alla sua morte, le sue spogli vennero portate nella vicina Collina delle Fate, perché sapeva troppo.
In uno scritto del XI secolo, citato da Brasey, un anonimo inglese spiega che le Fate, gli Elfi e gli altri Spiriti Elementari nacquero tutto da una razza di Giganti. (Ancora il mito dei Giganti sulla terra che torna). Quelli maligni, come Trolls, Ciclopi e Titani, dovettero soccombere al “nuovo tempo”, preparato per la venuta degli uomini. Cosi dovettero adattarsi, diminuendo di dimensione, vivendo isolati, e divenendo Silfi, Ondine, Elfi, Fate, Semidei ed Eroi (…gli “Eroi”, altro mito che torna).
Una leggenda cristiana originaria dell’Islanda, fa risalire la loro nascita al mito di Adamo ed Eva. Un giorno, Dio decise di fare loro visita, per conoscere e illuminare con la sua luce la loro numerosa progenie. Essendo molti i suoi figli, Eva non fece in tempo a lavarli tutti, e allora nascose quelli sporchi e presentò a Dio solo quelli col viso pulito. E così, la maggior parte dei suoi figli, nascosti alla benedizione divina, divennero Elfi e Fate.
Leggende o no che siano, resta il fatto che dall’Oriente il culto delle Fate arrivò alla Persia, e da li si è esteso agli arabi, e da questi alla Spagna. Passando per Granada, la città tra due mondi. E di castello in castello, in epoca mediovale, raggiunse la Francia, e tutta l’Europa. La scoperta di un Nuovo Mondo ad Ovest, oltre il Mare-Oceano, le portò lontano… dove esse già c’erano.
Neppure le persecuzioni scatenatisi nel XIII secolo contro i culti e le credenze antiche, quali Diana, Apollo, Pan e Dioniso, riuscirono a sradicare il culto delle Fate. Ma le persecuzioni fallirono, nell’immaginario popolare era troppo radicata la loro immagine positiva di protettrici. Secondo la scuola di pensiero new-age, la Fata è un essere spirituale che risiede nel mondo astrale. E la sua presenza non è fisica ma eterica. Ma anche loro hanno i loro lati “negativi”, come sostengono Froud e Lee, secondo i quali “…riparano torti, vendicano offese, ma possono anche essere maligne e vendicative”. Ma la questione è delicata, precisa E. Brasey nel suo Fées et Elfes, perché di Fate ne esistono una gran varietà. Una gran varietà, quindi, presenti in quasi tutte le culture mondiali.
Marian McNeill sostiene che le nereidi e le ninfe della mitologia greca e gli elfi della Scandinavia e della Germania presentano molti punti in comune con le Side (Sidhe: popolo delle colline), le Fate delle isole britanniche. Anche se quelle della tradizione celtica non somigliano per niente a quelle dei libri per bambini, hanno statura e stile di vita simile a quella degli umani, ma conservano però conoscenze e poteri “magici”.
Durville, ermetista francese al quale l’esoterismo moderno deve molto, ne descrive la caratteristica principale: esse si posizionano tra l’Angelo e il Demone, e la loro gerarchia riguarda il loro legame con la materia. Più si allontana dal mondo materiale e più è “alta” la sua posizione. Le Fate fluttuano nell’etere, dice, le Silfidi volano nell’aria e gli Gnomi volteggiano nella Terra.
Il reverendo R. Kirk, pastore ad Aberfoyle in Scozia, nel 1691 afferma che le Fate sono di natura intermediaria, come nell’antichità si pensava dei Demoni (intesi ovviamente nell’accezione greca e latina del termine, quindi semi-dei). “Hanno la natura di nuvola condensata, aria congelata, abbastanza visibili al crepuscolo”. Si dice che alla sua morte, le sue spogli vennero portate nella vicina Collina delle Fate, perché sapeva troppo.
In uno scritto del XI secolo, citato da Brasey, un anonimo inglese spiega che le Fate, gli Elfi e gli altri Spiriti Elementari nacquero tutto da una razza di Giganti. (Ancora il mito dei Giganti sulla terra che torna). Quelli maligni, come Trolls, Ciclopi e Titani, dovettero soccombere al “nuovo tempo”, preparato per la venuta degli uomini. Cosi dovettero adattarsi, diminuendo di dimensione, vivendo isolati, e divenendo Silfi, Ondine, Elfi, Fate, Semidei ed Eroi (…gli “Eroi”, altro mito che torna).
Una leggenda cristiana originaria dell’Islanda, fa risalire la loro nascita al mito di Adamo ed Eva. Un giorno, Dio decise di fare loro visita, per conoscere e illuminare con la sua luce la loro numerosa progenie. Essendo molti i suoi figli, Eva non fece in tempo a lavarli tutti, e allora nascose quelli sporchi e presentò a Dio solo quelli col viso pulito. E così, la maggior parte dei suoi figli, nascosti alla benedizione divina, divennero Elfi e Fate.
Leggende o no che siano, resta il fatto che dall’Oriente il culto delle Fate arrivò alla Persia, e da li si è esteso agli arabi, e da questi alla Spagna. Passando per Granada, la città tra due mondi. E di castello in castello, in epoca mediovale, raggiunse la Francia, e tutta l’Europa. La scoperta di un Nuovo Mondo ad Ovest, oltre il Mare-Oceano, le portò lontano… dove esse già c’erano.
sabato 20 giugno 2009
DINOSAURO ANCORA VIVO IN AFRICA?
A DINOSAUR STILL ALIVE IN AFRICA?-In the jungles of Congo, Cameroon and Gabon, the people reports of an animal gray, with a long flexible neck and long tail, its name is Mokèlé Mbèmbé, "One that stops the flow of rivers" in Lingala language. For the cryptozoologists, this creature is an unknow animal yet. For others, is a kind of sauropod dinosaur, wich still alive in Africa.
In tutto il centro Africa le popolazioni conoscono il Mokèlé Mbèmbé, che in lingua Lingala vuol dire "colui che ostruisce i fiumi". Ma è nel fiume Likouala-aux-Herbes, della Repubblica Popolare del Congo che si concentrano il maggior numero di avvistamenti e racconti su di lui, come anche in Cameroon e il Gabon. E tutte queste culture lo descrivono nello stesso modo: grigio, alto 6 metri con un lungo collo flessibile da giraffa, e lungo 10 metri con una coda da caimano.
In tutto il centro Africa le popolazioni conoscono il Mokèlé Mbèmbé, che in lingua Lingala vuol dire "colui che ostruisce i fiumi". Ma è nel fiume Likouala-aux-Herbes, della Repubblica Popolare del Congo che si concentrano il maggior numero di avvistamenti e racconti su di lui, come anche in Cameroon e il Gabon. E tutte queste culture lo descrivono nello stesso modo: grigio, alto 6 metri con un lungo collo flessibile da giraffa, e lungo 10 metri con una coda da caimano.
Il dibattito su che genere di animale sia è aperto da quando, nel 1776 durante una spedizione in Congo, l'abate Lievain Bonaventure lo descrisse in un suo libro. Anche nella spedizione del 1919-1920 dello Smithsonian Intitution (poi finita in tragedia) se ne parla. Lo zoologo Ivan T. Sanderson, nel 1932 su addirittura testimone del Mokèlé Mbèmbé. Innumerevoli altri ricercatori hanno rilevato e fotografato impronte, raccolto testimonianze e fatto ipotesi. Lo zoologo Marcellin Agnagna con la sua "super 8" riprese la creatura. Negli ultimi anni anche la BBC e il National Geografic si sono occupate della ricerca dell'animale.
Secondo l'ipotesi più accreditata dai criptozoologi, la creatura è una non ben identificata specie di rettile, ancora sconosciuta, come tante altre che ogni anno vengono scoperte appunto dalla criptozoologia (la scienza che studia gli animali che si trovano ancora fuori dalle catalogazioni zoologiche contemporanee). Altre ipotesi lo vedono come un sauropode sopravvissuto al periodo cretacico.
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giovedì 18 giugno 2009
I MAYA, IL DILUVIO E LA FINE DEL MONDO
MAYA, DELUGE AND THE END OF THE WORLD -The Deluge Mith exist in the Maya culture too. They've divided history of the world in five different Ages, or Suns. When the Giants lived the earth, the sun fell and became the age of fishes. Then starts the age of monkey, destroyed by a violent Deluge. We live, now, in our fifth Sun, and will finish in Dicember 21 of the 2012.
I Maya, come anche gli Aztechi, divisero il tempo dalla creazione della terra fino ad oggi in ere, che chiamarono "Età" o "Soli", ognuna della durata di 5.125 anni.
Dalla creazione del mondo fino ad oggi, l'umanità ha vissuto cinque Soli:
Nahui-Atl, il Primo Sole, che scomparve sotto le acque di un diluvio. Solo una coppia si salvò, gli altri uomini furono trasformarmati in pesci.
Nagui-Ocelotl, il Secondo Sole, precipitato poi sulla terra come enorme palla di fuoco, bruciando l'intera umanità. La terra a quel tempo era abitata da Giganti.
Nahui-Ehecatl, il Terzo Sole, spazzato via dal vento, un uragano capace di rovesciare le montagne. Gli uomini sopravvissuti furono trasformati dagli Dei in scimmie.
Nahui-Quiahuitl, il Quarto Sole. L'umanità dopo il Terzo Sole aveva prosperato, ma fù spazzata via dall'acqua, ancora una volta, un Diluvio di cui si salvarono solo tre persone, in tutta la terra.
Nahui-Ollin, il nostro Quinto Sole. Secondo il calendario Maya, anche la nostra Era finirà in concomitanza con la fine del loro calendario, fissata per il 21 dicembre 2012. E da essa nascerà il Sesto Sole.
Oltre al loro libro sacro Popol-Vuh, compendio di esoterismo e simbolismo, le tradizioni Maya si sono tramandate anche attraverso il Chilàm Balam dello Yucatàn e attraverso molti altri codici ed iscrizioni.
I Maya, come anche gli Aztechi, divisero il tempo dalla creazione della terra fino ad oggi in ere, che chiamarono "Età" o "Soli", ognuna della durata di 5.125 anni.
Dalla creazione del mondo fino ad oggi, l'umanità ha vissuto cinque Soli:
Nahui-Atl, il Primo Sole, che scomparve sotto le acque di un diluvio. Solo una coppia si salvò, gli altri uomini furono trasformarmati in pesci.
Nagui-Ocelotl, il Secondo Sole, precipitato poi sulla terra come enorme palla di fuoco, bruciando l'intera umanità. La terra a quel tempo era abitata da Giganti.
Nahui-Ehecatl, il Terzo Sole, spazzato via dal vento, un uragano capace di rovesciare le montagne. Gli uomini sopravvissuti furono trasformati dagli Dei in scimmie.
Nahui-Quiahuitl, il Quarto Sole. L'umanità dopo il Terzo Sole aveva prosperato, ma fù spazzata via dall'acqua, ancora una volta, un Diluvio di cui si salvarono solo tre persone, in tutta la terra.
Nahui-Ollin, il nostro Quinto Sole. Secondo il calendario Maya, anche la nostra Era finirà in concomitanza con la fine del loro calendario, fissata per il 21 dicembre 2012. E da essa nascerà il Sesto Sole.
Oltre al loro libro sacro Popol-Vuh, compendio di esoterismo e simbolismo, le tradizioni Maya si sono tramandate anche attraverso il Chilàm Balam dello Yucatàn e attraverso molti altri codici ed iscrizioni.
martedì 16 giugno 2009
ILMITO SUMERICO DI OANNES: IL CIVILIZZATORE ANFIBIO
THE SUMERIC MITH OF OANNES: THE AMPHIBIAN CIVILIZATOR-The Sumeric Chronicles wrote about a Human-God called Oannes, amphibian, who teach to them the sciences, arts and method of writing. They portraits him and descrived his life with them. He lived under the Persian Gulf. A lot of civilizations have the same amphibian god, like Mayas and Dogon.
Nella mitologia sumerica, oltre a quella di molti popoli mesopotamici, si trovano riferimenti ai cosiddetti Apkallu. Non erano propriamente dei, ma venivano considerati esseri semi-divini, o semi-demoniaci, anche se non è raro trovarli descritti come "animali senzienti". E venivano considerati esseri civilizzatori. E tutti provenivano da un ambiente acquatico.
Beroso, sacerdote babilonese vissuto nel III secolo a.C., in un antico testo cuneiforme, ne descrive uno un particolare, chiamato Oannes. "Il suo corpo era come quello di un pesce, ed aveva, sotto la testa di pesce, un'altra testa, e sotto, dei piedi come quelli di un uomo, aggiunti alla coda da pesce (...) anche la sua voce era di uomo (...) erudiva di giorno gli uomini sulle lettere, sulla scenza e sulle arti. Aveva insegnato loro a costruire le case, i templi, a compilare leggi e a conoscere i principi delle cognizioni geometriche". Quando tramontava il sole, l'essere si tuffava di nuovo in mare ed andava nelle profondità. Secondo la leggenda sumerica, Oannes viveva nell'Apsu, un luogo descritto come "un palazzo in fondo al mare".
La civiltà sumerica apparì e si sviluppò in un arco di tempo molto breve. La loro lingua non appartiene, secondo i linguisti, a nessun ceppo conosciuto, come anche la scrittura cuneiforme.
E' interessante notare che l'antica città di Pantibiblon fu spesso visitata da questi esseri, secondo le cronache dell'epoca. Abideno, cronista durante il regno di Amillarus, tramanda il ricordo di un semi-demone il cui nome sumerico equivale a "repellente", anch'egli proveniente dal mare. Lo stesso Apollodoro narra di un visitatore anfibio di nome Odacon, emerso dal Golfo Persico durante la dinastia di Euedoreschus.
Da notare il parallelismo con altre creature anfibie delle mitologie antiche. Gli Accadi tra le divinità metà uomo e metà pesce, ne adoravano una chiamata Uan. I Maya dell'America Centrale adoravano un essere anfibio chiamato Uaana, la cui traduzione significa "colui che risiede nell'acqua. I Filistei adoravano una creatura anfibia chiamata Odakon (o Dagon), raffigurata con una coda di pesce e corpo umano. E poi ci sono i Dogon, tribù del Malì con profonde conoscenze astrologiche, che adora un dio chiamato Nommo dal corpo di pesce "tornato fra le nuvole all'interno di un uovo rovente".
Nella mitologia sumerica, oltre a quella di molti popoli mesopotamici, si trovano riferimenti ai cosiddetti Apkallu. Non erano propriamente dei, ma venivano considerati esseri semi-divini, o semi-demoniaci, anche se non è raro trovarli descritti come "animali senzienti". E venivano considerati esseri civilizzatori. E tutti provenivano da un ambiente acquatico.
Beroso, sacerdote babilonese vissuto nel III secolo a.C., in un antico testo cuneiforme, ne descrive uno un particolare, chiamato Oannes. "Il suo corpo era come quello di un pesce, ed aveva, sotto la testa di pesce, un'altra testa, e sotto, dei piedi come quelli di un uomo, aggiunti alla coda da pesce (...) anche la sua voce era di uomo (...) erudiva di giorno gli uomini sulle lettere, sulla scenza e sulle arti. Aveva insegnato loro a costruire le case, i templi, a compilare leggi e a conoscere i principi delle cognizioni geometriche". Quando tramontava il sole, l'essere si tuffava di nuovo in mare ed andava nelle profondità. Secondo la leggenda sumerica, Oannes viveva nell'Apsu, un luogo descritto come "un palazzo in fondo al mare".
La civiltà sumerica apparì e si sviluppò in un arco di tempo molto breve. La loro lingua non appartiene, secondo i linguisti, a nessun ceppo conosciuto, come anche la scrittura cuneiforme.
E' interessante notare che l'antica città di Pantibiblon fu spesso visitata da questi esseri, secondo le cronache dell'epoca. Abideno, cronista durante il regno di Amillarus, tramanda il ricordo di un semi-demone il cui nome sumerico equivale a "repellente", anch'egli proveniente dal mare. Lo stesso Apollodoro narra di un visitatore anfibio di nome Odacon, emerso dal Golfo Persico durante la dinastia di Euedoreschus.
Da notare il parallelismo con altre creature anfibie delle mitologie antiche. Gli Accadi tra le divinità metà uomo e metà pesce, ne adoravano una chiamata Uan. I Maya dell'America Centrale adoravano un essere anfibio chiamato Uaana, la cui traduzione significa "colui che risiede nell'acqua. I Filistei adoravano una creatura anfibia chiamata Odakon (o Dagon), raffigurata con una coda di pesce e corpo umano. E poi ci sono i Dogon, tribù del Malì con profonde conoscenze astrologiche, che adora un dio chiamato Nommo dal corpo di pesce "tornato fra le nuvole all'interno di un uovo rovente".
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IL LIBRO DEI DANNATI. QUANDO LA REALTA' SUPERA LA FANTASIA
THE BOOK OF THE DAMNED. WHEN THE REALITY IS OVER THE FANTASY-Charles Fort, in 1919 published "The Book of the Damned" wich perorted real events included falls of fishes, spontaneus fires and descriptions of unidentified flying objects
Aveva 45 anni Charles Fort quando, nel 1919, pubblicò la sua prima opera letteraria: "Il libro dei dannati". Un libro contenente avvenimenti autentici, osservati e documentati da quotidiani, ma incredibili. Non sono molte le notizie inerenti alla sua vita privata, salvo della sua passione per la meticolosità e l'osservazione della realtà. E il suo libro è un archivio, particolareggiato e dettagliato, di avvenimenti avvenuti realmente ma al limite dell'incredibile.
Aveva 45 anni Charles Fort quando, nel 1919, pubblicò la sua prima opera letteraria: "Il libro dei dannati". Un libro contenente avvenimenti autentici, osservati e documentati da quotidiani, ma incredibili. Non sono molte le notizie inerenti alla sua vita privata, salvo della sua passione per la meticolosità e l'osservazione della realtà. E il suo libro è un archivio, particolareggiato e dettagliato, di avvenimenti avvenuti realmente ma al limite dell'incredibile.
Alcuni esempi: nel 1861, a Singapore, ci fu un'incredibile pioggia di pesci vivi, che cadevano dal cielo assieme alla pioggia (ma sappiamo che anche in Italia ci fu un fatto simile nella provincia di Adria, il 2 luglio del 1933, riportato anche dalla "Domenica del Corriere"). Casi di autocombustione, persone ritrovate bruciate vive ma dai vestiti totalmente intatti, e ancora piogge di rane vive e documentazioni di avvistamenti di oggetti volanti da parte di autorità militari alla fine del XIX secolo.
Molti lo definirono precursore del "Realismo Fantastico", un osservatore coraggioso del suo tempo, capace di descrivere con grande meticolosità fenomeni che, ancora oggi, spesso vengono volutamente ignorati.
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